
Un recente studio ha gettato nuovi dubbi sui benefici legati alla riduzione del consumo di sale da tavola, animando calorosamente un dibattito già da tempo aperto fra istituzioni sanitarie, gruppi di ricerca, ma anche aziende del settore alimentare, spesso accusate di pilotare gli studi al fine di correggere a proprio favore le linee guida nutrizionali.
Secondo la provocatoria conclusione degli autori, la riduzione del consumo di sodio non offrirebbe sufficiente protezione contro gli eventi cardiaci e la mortalità per patologie cardiovascolari.
La revisione sistematica dei dati provenienti da 7 studi clinici e relativi a più di 6,500 partecipanti ha infatti dimostrato solo un modesto beneficio sia per i soggetti normotesi che per quelli ipertesi.
Per quanto venisse riscontrato un sensibile abbassamento della pressione sanguigna a seguito della riduzione del consumo di sale, questo miglioramento non veniva mantenuto nel lungo termine.
Inoltre, la riduzione media della non superava 1 mm Hg, non abbastanza dunque per prevenire gli eventi cardiaci e le fatalità.
Per ottenere benefici clinici apprezzabili, hanno precisato gli autori, la riduzione della pressione dovrebbe essere di almeno 2mm o 3 mm Hg.
Addirittura, da uno degli studi considerati è emerso che un minore apporto di sodio correlava con un maggior rischio di mortalità negli individui affetti da insufficienza cardiaca.
Ancora una volta, l’invito a moderare il consumo dietario di sale da tavola è stato messo in discussione. Tuttavia, lo studio, pubblicato sull’American Journal of Hypertension, non ha certo un peso sufficiente per potere per scardinare un dogma centrale della prevenzione delle patologie cardiovascolari. Lo studio, infatti, presentava limitazioni metodologiche non indifferenti.
Il consumo di elevate quantità di sale è un riconosciuto fattore di rischio per lo sviluppo di ipertensione e di altre complicazioni che possono condurre ad eventi cardiaci.
Con la presente pubblicazione è in parte riemerso il falso mito che la riduzione del consumo di sale da tavola costituisca un rischio per la salute, capace di oscurare gli indiscussi benefici clinici legati alla moderazione del sale dietario.
Violenti accuse sull’inconsistenza dei risultati si sono levate da diversi fronti accademici e, in particolare, è sorto un appello da parte delle principali istituzioni che si occupano di patologie cardiovascolari tra cui la American Heart Association, le quali hanno avvertito che i dati dello studio devono essere interpretati cautamente senza trarre alcun tipo di conclusione su cui basare le raccomandazioni alimentari.
La pubblicazione ha però evidenziato l’esistenza di una categoria di pazienti maggiormente sensibili alle variazioni del consumo di sale da tavola e può essere vista come spunto per ravvivare il confronto scientifico sulla relazione tra consumo di sodio alimentare e mortalità per cause cardiovascolari, con maggiore attenzione rivolta al design degli studi.