
La dilagante diffusione dei disordini del peso corporeo che affligge gli Stati Uniti nasconde un ulteriore pericolo: l’obesità in gravidanza. È l’allarme lanciato dai ricercatori del dipartimento di ostetricia e ginecologia della Oregon Health and Science University di Portland.
Costantemente si registrano con sempre più frequenza complicazioni del parto ed esiti neonatali avversi e, nella maggior parte dei casi, la causa sembra essere legata all’obesità materna. È un dato accertato il fatto che l’incidenza di queste complicazioni segue l’aumento di quella del sovrappeso. Inoltre, si stima che circa il 40% delle donne statunitensi è in sovrappeso o obesa.
Una doppia minaccia dunque. Per la madre, il sovrappeso durante la gestazione si associa ad una probabilità maggiore di parto cesareo, preeclampsia e diabete gestazionale. Per il feto, il sovrappeso materno nella gravidanza può, invece, determinare il rischio di macrosomia fetale, parto pre-termine e mortalità perinatale.
Non solo, sempre più crescenti evidenze sperimentali suggeriscono che la presenza di un eccesso di tessuto adiposo nei tessuti materni è in grado di influenzare - attraverso meccanismi solo in parte compresi, e probabilmente legati ad una riprogrammazione epigenetica delle cellule fetali - la predisposizione del bambino allo sviluppo del sovrappeso nella primissima infanzia, una condizione conosciuta come “catch-up growth”, caratterizzata da una iniziale sottopeso seguito da una rapida crescita tendente al sovrappeso.