
Così afferma uno studio multicentrico che ha seguito 2662 donne caratterizzate da un seno “radiologicamente denso”, a rischio moderatamente elevato per lo sviluppo del tumore. Tuttavia, gli indiscussi benefici del doppio esame sembrano essere controbilanciati da una percentuale ancora elevata di falsi positivi e biopsie mammarie negative.
I ricercatori hanno inoltre potuto dimostrare che l’esecuzione dell’esame di risonanza magnetica (MRI), a seguito di tre anni di regolare screening mammografico e ecografico, aumenta ulteriormente l’abilità diagnostica, sempre però a spese di maggiori casi di falsi positivi. Lo studio, pubblicato sulla rivista JAMA, è la più vasta indagine scientifica condotta fino ad ora per valutare l’efficacia della tecnica ecografia nell’identificazione delle lesioni tumorali iniziali del seno.
I risultati hanno dimostrato come la combinazione di più tecnologie diagnostiche ad immagini possa prevenire il numero di fatalità nelle donne che presentano un tessuto mammario “denso”. Questa “categoria radiologica” è infatti doppiamente pericolosa. Le donne possiedono tale caratteristica sono almeno cinque volte più predisposte allo sviluppo della neoplasia rispetto a coloro che presentano una componente adiposa predominante nel tessuto mammario. Secondariamente, lo screening mammografico può rivelarsi inefficace nell’identificazione dei tumori in questa categoria di pazienti.
Lo screening per immagini intensificato si rivela estremamente utile anche in altre situazioni di rischio elevato ed intermedio, ad esempio nelle donne con storia familiare o personale di tumore, anche ovarico, o precedente sottoposte ad intervento di lumpectomia o al trattamento di terapia radiante.
Nello studio, le partecipanti sono state sottoposte, durante la stessa visita, all’esame ecografico e mammografco, e così nuovamente a 12 e 24 mesi di distanza. Durante i tre anni sono stati identificati 110 casi di tumore al seno, 89 dei quali invasivi. Il tasso di riconoscimento delle lesioni invasive aumentava del 34 % quando veniva praticato anche l’esame ecografico, equivalente a 4,3 nuovi casi per 1000 pazienti. Interessantemente, solo l’8% dei tumori identificati attraverso mammografia ed ecografia erano palpabili. Il 7% delle donne sottoposte ad ecografia richiedevano un approfondimento diagnostico, nel 5% dei casi una biopsia.
Tuttavia, solo il 7.4% delle biopsie eseguite si rivelavano effettivamente positive all’esame istologico. Non vi è dubbio che questo sistema rigoroso di screening incontri numerosi ostacoli. Il primo, già menzionato, è il ricorso ad interventi chirurgici non necessari. Il secondo risiede nei costi aggiuntivi. Tuttavia, secondo gli autori, la combinazione mammografia-ecografia deve essere incentivata e, possibilmente rientrare nei protocolli diagnostici standard e nelle linee guida per la prevenzione del tumore al seno.