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giovedì 20 ottobre 2011

Terapia neoadiuvante ormonale nel tumore al seno

La terapia neoadiuvante ormonale ha un effetto paragonabile ai trattamenti citotossici e risulta dunque preferibile, almeno in una specifica categoria di pazienti

ebrt positivo

Uno studio di prossima pubblicazione ha dimostrato come la terapia neoadiuvante ormonale rappresenti una strategia alternativa all’approccio chemioterapico standard, in particolare nelle pazienti con forme localmente avanzate di tumore al seno positivo per il recettore degli estrogeni (ER-positive breast cancer).

 

Le pazienti in postmenopausa che presentano tumori in stadio avanzato trattate con terapia ormonale preoperatoria possono sopravvivere senza soffrire recidive della patologia, in misura simile a quanto prodotto dal trattamento chemioterapico preoperatorio.

 

I dati sono stati presentati durante il congresso annuale dell’American Society for Radiation Oncology (ASTRO) da Kunal Saigal, MD, dell’University of Miami, autore principale dello studio.

 

Nelle pazienti sottoposte a terapia ormonale, anche la sopravvivenza a cinque anni di distanza dall’intervento era buona (79,1%), con un tasso simile a quello determinato dal trattamento citotossico.

 

Infatti, nonostante la chemioterapia neoadiuvante sia particolarmente indicata nel trattamento preoperatorio del tumore al seno localmente avanzato, i tumori positivi per il recettore degli estrogeni sembrano rispondere in maniera sensibilmente inferiore.

Inoltre, i benefici derivanti dalla chemioterapia si riducono con l’aumentare dell’età delle pazienti, sia nel caso del trattamento adiuvante (post-operatorio), sia per quello neoadiuvante (pre-operatorio).

 

Questa categoria di pazienti di età avanzata e ER – positivi risulta dunque preferibilmente candidata ad un trattamento di tipo ormonale, considerando anche il miglior maggiore profilo di sicurezza di questa terapia rispetto ai trattamenti citotossici.

 

Nello studio, i ricercatori hanno valutato l’impatto dei due tipi di trattamento preoperatorio – ormonale o chemioterapico -  sull’esito dell’intervento di mastectomia in 145 donne in postmenopausa (età media 59 anni) con tumori HER-positivi.

 

Alla presentazione, l’82% dei tumori erano duttali, con dimensione media 6 cm. Un terzo delle pazienti presentavano inoltre una malattia di stadio III.

Tutti i tumori considerati erano positivi per il recettore degli estrogeni, il 79% anche per quello del progesterone e l’8% di essi overesprimevano il recettore per il fattore di crescita epidermico HER. Un terzo delle pazienti era stata sottoposta a trattamento ormonale per-operatorio , principalmente con inibitori degli enzimi aromatasi, per un periodo della durata media di sette mesi.

Più della metà dei pazienti destinati alla chemioterapia neoadiuvante avevano ricevuto cisplatino, oltre al regime tradizionale di antraciclina e taxani.

 

All’inizio del trattamento i gruppi di pazienti presentavano T-score e istologia simili. Il gruppo di studio ha osservato come il gruppo trattato con ormoni era mediamente più anziano, tutte le pazienti sopra i 50 anni di età. 

Inoltre, in questo gruppo il 13% dei casi erano a stadio II e l’87% a stadio III, mentre nel gruppo trattato con la chemioterapia le due classi erano del 33 e 67% rispettivamente.

 

Dall’analisi è emerso che solo il 5% delle pazienti sottoposte a trattamento ormonale neoadiuvante avevano ottenuto una risposta completa a livello del seno e dell’ascella. Similmente, meno del 10% delle pazienti sottoposte a trattamento citotossico avevano raggiunto una risposta completa.

 

Gli autori hanno fatto notare come il gruppo di pazienti postmenopausali ER-positive non rispondesse in maniera significativa al trattamento neoadiuvante citotossico.

 

A seguito dell’intervento di mastectomia, non è stata riscontrata alcuna differenza nello stato dei linfonodi, nelle dimensioni dei tumori o nella percentuale di risposte complete.

 

A distanza di cinque anni, l’incidenza cumulata di ricorrenze locoregionali era del 6,2% nelle pazienti sottoposte a terapia ormonale, un valore decisamente simile al trattamento chemioterapico.

I principali fattori associati ad un rischio inferiore di recidiva includevano la terapia radiante post-operatoria e l’esistenza della patologia positiva per il recettore del progesterone.

 

Gli autori hanno così concluso che la terapia ormonale neoadiuvante sembra essere una valida alternativa alla chemioterapia pre-operatoria nelle pazienti più anziane ed ER-positive.

Tuttavia, sono richiesti ulteriori studi che permettano di capire il ruolo della chemioterapia citotossica post-operatoria in questa categoria di pazienti, specialmente in coloro sia ER che PR-positive e non candidate per il il trattamento chemioterapico pre-intervento.

Autore:Saigal K, et al.

Fonte:American Society for Radiation Oncology