
Uno studio mette in discussione la sicurezza di una classe di farmaci impiegati nella prevenzione dei fenomeni trombotici e nel trattamento delle patologie coronariche. In particolare, i ricercatori hanno studiato il farmaco Clopidogrel, comunemente somministrato in combinazione con l’acido acetil-salicilico nel trattamento standard della sindrome coronarica acuta e nel trattamento percutaneo delle lesioni coronariche.
La modalità di azione di questo farmaco potrebbe infatti interferire nei pathway di segnalazione cellulare che regolano l’attività metabolica delle cellule ossee.
L’analisi ha radunato pazienti a cui era stato prescritto il farmaco clopidogrel negli anni 1996-2008, per un totale di 77,503 individui. Come controllo a ciascun partecipante sono stati assegnati tre individui non trattati di sesso ed età uguale (n=232,510).
Dallo studio è emerso che il trattamento con clopidogrel si associava ad un maggior rischio di frattura ossea rispetto ai non utilizzatori. L’incidenza di traumi era più marcata nei soggetti trattati per un periodo superiore ad un anno. Tuttavia, gli individui trattati con basse dosi del farmaco o per brevi periodi prestavano un rischio inferiore ai controlli.
L’utilizzo dell'antiaggregante potrebbe dunque rappresentare un fattore di rischio per le fratture ossee. Comunque sembra esistere una relazione bifasica per cui una bassa esposizione al farmaco non comporta un rischio evidente, mentre le dosi superiori, corrispondenti al range normalmente raccomandato, possono costituire una minaccia.
Occorre quindi monitorare i pazienti in trattamento con antiaggreganti anche rispetto il rischio di frattura per indebolimento della struttura dell'osso.