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lunedì 21 novembre 2011

Adiposità e rischio di infarto miocardio: l’importanza delle giuste misurazioni

Distribuzione regionale del grasso ed età costituiscono variabili di notevole peso nella valutazione dei soggetti a rischio

Infarto miocardico Obesità

L’obesità rappresenta un noto fattore di rischio per le patologie cardiovascolari. In particolare, l’accumulo di tessuto adiposo a livello addominale aumenta notevolmente il rischio di infarto miocardico.

Tuttavia, poiché esiste un’elevata variabilità inter-individuale nella distribuzione regionale del grasso corporeo, è necessario stabilire quali parametri antropometrici meglio descrivano la relazione tra adiposità distrettuale e generale e rischio cardiovascolare.

Le tradizionali misure antropometriche dell’adiposità addominale, come la circonferenza in vita e ai fianchi, correlano positivamente con il rischio cardiaco ed in misura superiore rispetto ad altri parametri come l’indice di massa corporea (BMI), il quale rappresenta un descrittore aspecifico dell’adiposità generale.

Al contrario, le misure dell’adiposità periferica sono associate in maniera inversa al BMI, probabilmente  in quanto riflettono l’effetto cardio-protettivo esercitato dai depositi adiposi gluteofemorali.

L’età è un importante fattore da considerare nello studio della relazione tra adiposità e rischio cardiovascolare e dunque le linee guida diagnostiche dovrebbero fornire precise indicazioni basate sulle differenti fasce di età. Infatti, il rischio cardio-vascolare normalmente osservato a valori estremi di BMI sembra ridursi con l’aumentare dell’età, sino a raggiungere una relazione addirittura inversa nell’anziano.

Poiché l’invecchiamento è generalmente caratterizzato dall’accumulo di grasso viscerale, le misure dell’adiposità addominale risultano maggiormente indicate per la stima del rischio nella popolazione anziana.

Inoltre, la forte correlazione tra i valori della circonferenza in vita e quelli di BMI suggerisce che la prima non rappresenti solo un indicatore di adiposità addominale, ma anche di quella generale e quindi sarebbe una misura decisamente più informativa.

Diversamente, le misure della distribuzione del grasso corporeo espresse in forma di rapporti, come il rapporto vita-fianchi (WHR), in quanto meno correlate con il BMI, fornirebbero informazioni più specifiche ed esclusive sui depositi adiposi regionali e sarebbero più utili per identificare adulti di mezza età ad elevato rischio, assumendo quindi una notevole importanza nella pratica clinica.

La riduzione intenzionale del peso corporeo si accompagna ad un deciso miglioramento del profilo cardio-vascolare.  Tuttavia, numerosi studi prospettici hanno messo in allarme sul possibile rischio cardiaco a lungo termine a seguito di una riduzione eccessiva del peso. Infatti una cospicua riduzione della massa magra sembra aumentare il rischio di infarto miocardico in entrambi i sessi.

L’incapacità di valutare questa componente corporea attraverso le classiche misure antropomentriche può quindi causare una sottostima del rischio di infarto sia nei soggetti magri che in quelli obesi.

Nuovamente, la riduzione della sola massa grassa addominale assume un’importanza cruciale insieme al mantenimento degli altri depositi adiposi e delle differenti componenti corporee.

Autore:G Stegger, E B Schmidt, T Obel, T L Berentzen

Fonte:International Journal of Obesity (2011) 35, 1433–1441; doi:10.1038/ijo.2010.278; Body composition and body fat distribution in relation to later risk of acute myocardial infarction